28.2.10

Foto di famiglia_1

Ho letto di uno scrittore francese, credo un amico di Perec, che in casa teneva solo cento libri, non uno di più. Per ogni libro nuovo che aggiungeva alla sua raccolta ne eliminava uno vecchio. L’idea non mi dispiace e una volta, forse, l’avrei anche imitata. Oggi però le trovate cervellotiche non mi interessano più, e comunque i miei libri non sono molti più di cento, penso infilando qualche altro volume nello scatolone che sto preparando per la biblioteca. Mio fratello, che ci lavora, sarà felicissimo di accettare la mia ricca donazione. (Non è vero, i bibliotecari in genere odiano le donazioni, lui in modo particolare).
Voglio liberarmi di tutti i libri inutili che ho accumulato negli anni, regali di gente che non ha idea dei miei gusti o roba che ho comprato e poi non ho nemmeno letto. Potrei anche farli sparire tutti, per liberare spazio, tranne forse quei pochi che mi sono piaciuti davvero. Anche se non li rileggerò mai. Mentre guardavo nello scatolone quasi pieno ho notato un angolino colorato che spuntava dalle pagine di un romanzo di Yukio Mishima che stupidamente avevo comprato solo perché mi piaceva la copertina – la foto di un grande albero spoglio davanti al quale è seduta una ragazza giapponese, sola, vestita di grigio, il volto così bianco che sembra di porcellana. Un’immagine che all’epoca doveva avermi evocato chissà cosa e che invece, capisco ora, rendeva bene l’atmosfera monotona del romanzo, in cui uno psicanalista racconta con uno stile da cartella clinica la storia di una sua paziente isterica. Roba di una noia indescrivibile, tanto che arrivato a pagina cinquanta avevo nascosto il libro sulla mensola più alta della libreria, dove è rimasto a impolverarsi fino a oggi. So il numero esatto della pagina perché proprio da lì spuntava l’angolino colorato che mi ha incuriosito. L’ho sfilato e mi sono ritrovato fra le mani una vecchia foto che avevo usato come segnalibro e di cui mi ero completamente dimenticato. (continua…)

12.2.10

Che cosa fa un redattore_1

Speravo che l'editor se ne fosse dimenticato, e invece oggi è venuto da me e mi ha messo in mano il libro, Il cane zoppo di Tom, con l’ordine di leggerlo entro lunedì. Oltre a leggerlo dovrò elencare tutte le parole e le frasi dubbie, sconce o pericolose, per le quali vuole che gli proponga soluzioni utili a evitare scandali. Di solito basta amputare all’osso tutte le parolacce, sezionare i dialoghi compromettenti, resecare intere frasi e mettercene altre, inoffensive, a mo’ di cerotto, per rendere il libro alla portata dei minori di dieci anni.
Una volta approvato da lui, l’elenco delle modifiche lo spediremo via email all’editore inglese, che lo vuole con urgenza entro lunedì (lo ha ripetuto due volte, nel caso avessi pensato di potermi anche riposare nel finesettimana). L’editore inglese lo farà avere all’autore, che vive in India, e al suo agente, non so dove, e loro, tra qualche settimana, daranno l'approvazione ai tagli. Oppure (ma è difficile) il consenso lo negheranno, mettendo nei guai l’editor e parte della Giacobino scuola – cioè il sottoscritto. (continua...)

5.2.10

La stagista_13

(...continua) Gladia e l’editor continuano a parlare sottovoce tra loro, come se io non esistessi. Ma non li ascolto più, riesco solo a pensare a un modo per troncare sul nascere questa inutile conoscenza d’ufficio e evitare altri incontri del genere. Ritorno bruscamente alla realtà quando l’editor, con la faccia stravolta dall’ammirazione, si gira verso di me, mi assesta un’altra delle sue manate e esclama: «Hai sentito Daniele?». No, non ho sentito, ma posso immaginarlo: la ragazza avrà detto qualcosa di sensazionale sulle dure prove di selezione del master di Eco. «Puoi ringraziare il cielo che a te invece è andata bene!» sghignazza. E di sicuro, vista la bassa considerazione che ha di me, voleva dire: Col cazzo che tu la passavi una prova del genere! Il tutto davanti agli occhi di Gladia, gonfia come un piccione in calore per il piacere che le ha dato questa autorevole conferma delle sue qualità. Da come mi guarda, intuisco, è convinta di avere a che fare con un idiota. L’espressione ebete che ho fatto alla battutaccia dell’editor, del resto, non mi è stata certo di aiuto. Penserà che io sia una pedina facile da eliminare nella sua rapida scalata al potere. Ma si sbaglia, perché sarò pure l’ultima ruota del carro della casa editrice, ma non mi lascerò certo fregare da una come lei. Questo è sicuro. Sicuro come il fatto che noi due non saremo mai amici. Ormai si tratta di lotta per la sopravvivenza, penso mentre torniamo alle nostre scrivanie (dopo questa pausa che mi è sembrata eterna) e ascolto la sua vocina che si lamenta con l’editor perché il computer nuovo che le hanno installato «non è un granché». Poverina. E pensare che io il computer l’ho avuto dopo tre mesi, di seconda mano, da un grafico del piano di sotto... Non so proprio cosa dirà Laura, la mia sposa d’ufficio, quando le racconterò di questo delizioso incontro con la stagista. So soltanto che per me la lotta è appena iniziata, e che sarà spietata.
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