16.6.11

I miserabili_2

Il giorno dopo aspetto tutta la mattina.
Da Amalia nessuna notizia.
Inizio a pensare che il mio nuovo contratto, semplicemente, non esista ancora.
Basta, chiamo l’editor sul cellulare. Me ne frego se è l’ora del pranzo. Lui risponde subito e quando gli spiego l’accaduto sembra sinceramente sorpreso. Non capisce come possa essere successo, dice, perché il mio contratto era firmatissimo (sic) da tempo. E poi scarica come sempre il barile sull’amministrazione centrale della Giacobino, che è mastodontica e farraginosa e lenta…
Lui parla, parla, e io finisco col credere alle sue frasi rassicuranti.
Ma poi penso che forse sta solo cercando di coprire qualche manovra losca che in realtà conosce benissimo, che forse è stata ispirata proprio da lui.
Così gli dico che è dalla fine di marzo che scrivo a Amalia, la coordinatrice, per sapere qualcosa del mio contratto nuovo, e che lei non ha mai risposto. Mai. Nemmeno oggi.
Lui tace per qualche secondo, poi dice che ne parla subito con lei e mi fa chiamare al più presto.
Sei minuti dopo, Amalia mi telefona.
Un evento incredibile.
Appena rispondo mi investe subito con le sue solite smancerie, dice non preoccuparti, ma figuriamoci, certo che il tuo contratto esiste… perché noi abbiamo bisogno di te, sei fondamentale per la redazione… Il contratto, continua Amalia, si sarà bloccato in qualche ufficio dell’amministrazione, perché devi sapere che quegli uffici ci creano sempre moltissimi problemi…
E parte con la descrizione dell’ufficio che si occupa dei collaboratori a progetto, un ufficio che a sua volta, pensa un po’, è gestito da collaboratori a progetto. Collaboratori che cambiano velocemente, forse ogni mese, e che lasciano le pratiche in sospeso o se le perdono per strada.
Insomma, un kafkiano sistema a scatole cinesi senza fondo in cui contratti e note di pagamento spariscono senza lasciare traccia.
Bisogna ammetterlo, Amalia è una maestra nell’arte della distorsione del reale.
Alla fine, comunque, con quel suo tono melodioso e anestetizzante, mi sussurra che subito dopo la pausa pranzo telefonerà in amministrazione per avere notizie del mio contratto e, soprattutto, per capire come mai io non sia stato pagato. Non mi devo preoccupare. Appena sa qualcosa mi telefona per aggiornarmi. Ci sentiamo nel primo pomeriggio, dice.
E io faccio finta di crederle.

Quando me ne vado dall’ufficio sono quasi le sette di sera.
Amalia, ovviamente, non l’ho più sentita.

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