24.10.10

Foto di famiglia_8

Nel reparto di oggettistica sacra della Libreria Tau c’erano altri due commessi oltre a me. Erano entrambi sulla cinquantina e vestiti di nero, uno grasso, l’altro magrissimo. Sembravano ex seminaristi o preti spretati. Nessuno ci aveva presentati e io non me la sentivo di conoscerli, primo perché sapevo che tanto me ne sarei andato presto, e quindi mi sembrava inutile, secondo perché i due non mi ispiravano per niente. E poi, indaffarato com’ero con stracci e vetril, non mi restava molto tempo per le chiacchiere. Quello grasso si occupava dei dischi di musica classica e religiosa, che continuava a riordinare maniacalmente, anche perché quel settore era quasi ignorato dai clienti e lui, a quanto potevo vedere, non aveva molto da fare. Selezionava anche le musiche da diffondere nel negozio (i soliti Carmina Burana o imbarazzanti versioni new age di certi canti gregoriani), e quando i Gibigiana gli facevano i complimenti per qualche brano che aveva scelto, lui si applaudiva da solo e gongolava tutto eccitato, come un bambino. L’altro commesso, quello magro, faceva la spola tra il negozio e il magazzino nel seminterrato. Trasportava scatoloni con il montacarichi, li svuotava, smistava la merce sui vari scaffali e tornava sottoterra. Portava due pesanti maglioni infilati uno sull’altro (ricordo che eravamo a settembre), e di lui non saprei dire altro.
Avevamo un’ora di pausa per il pranzo. I due commessi erano usciti a turno per mangiare e all’una e mezzo erano già ritornati. La Gibigiana femmina se ne era andata quasi di corsa, per sbrigare la faccenda alla svelta. Il maschio, rimasto a presidiare la cassa e a dare ascolto ai clienti, che neanche a quell’ora accennavano a diminuire, a un certo punto mi aveva chiesto: «Scusa, mi ricordi il tuo nome?» Glielo avevo ricordato. «Bene, Daniele, se vuoi puoi andare adesso a mangiare, oppure, se preferisci aspettare mezz’ora, posso venire a farti compagnia». Ovviamente non me lo sono fatto dire due volte, sono uscito subito.
Di quel primo pranzo solitario, stranamente, non ho nemmeno un ricordo.

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