14.10.09

Vita da redattore_4

Se è difficile spiegare che cosa fa un redattore editoriale, le cose possono mettersi anche peggio quando qualcuno lo capisce e trova la cosa interessante. Faccio un solo esempio. Qualche anno fa, siccome ero molto più ingenuo di oggi, se una persona si informava sul mio lavoro io ne parlavo apertamente. Così, in palestra – l’unico posto in cui mi capita, raramente, di socializzare con qualcuno – tutti quelli che miracolosamente capivano che lavoro faccio iniziavano a trattarmi in modo strano, ridicolo, da intellettuale (mentre in realtà mi occupo di bassa manovalanza culturale): mi chiedevano opinioni autorevoli su qualunque questione, si sforzavano di parlare bene quando si rivolgevano a me, oppure esigevano consigli sul libro giusto da leggere o da regalare alla suocera, alla collega in maternità o al fidanzato della sorella, convinti che io conoscessi a menadito le migliaia di titoli sfornati ogni anno dalle case editrici. Per non parlare dei talenti nascosti che venivano allo scoperto parlando con me. Ricordo ancora il caso di un tizio, peraltro insospettabile, un uomo di mezza età che nella vita fa il vigile urbano, il quale mi aveva avvicinato chiedendomi gentilmente di leggere le sue poesie. Inutile dirgli che la mia casa editrice non pubblica né romanzi né poesie di esordienti. Forse, provavo a spiegargli, con un bel manuale di filosofia avrebbe avuto almeno una possibilità – ma sapevo bene che non era vero neanche quello, perché prima di lui venivano mariti, mogli, amanti, parenti, protetti, assistenti, portaborse, amici e conoscenti vari dei nostri autori di punta: bastava una loro telefonata e anche il testo più inutile e informe sarebbe stato dato alle stampe. Ma evidentemente la cosa più inutile era sprecare fiato con lui, perché il giorno dopo mi aspettava nel parcheggio della palestra e, prima che potessi dire qualsiasi cosa, mi aveva piazzato in mano una risma di fogli che si era messo a illustrarmi appassionatamente: era la raccolta di tutte le sue composizioni migliori, l’opera della sua vita, il suo Canzoniere. Centinaia di fotocopie di poesie battute a macchina o scritte a mano, ognuna con la data, l’ora, il luogo, l’occasione in cui l’aveva composta e l’elenco dei premi ricevuti. Lì 16 settembre 1989, ore 17:15, lungomare di Cogoleto… 1° novembre 2005, al ritorno da una fredda passeggiata… Riconoscimento ufficiale alla Festa Nazionale degli Alpini… Primo Concorso Poetico del Circolo Canottieri… Pubblicata su «L’urna», trimestrale dell’Associazione Italiana Onoranze Funebri. E così via, all’infinito. Non sapevo cosa dire e non me la sentivo di restituirgli il malloppo. Anche per una questione di gentilezza. Così mi ero portato a casa l’Opera e non sapendo cosa farne l’avevo infilata nel cassetto di un mobile abbandonato in garage. E lì è rimasta, senza che mi sia mai deciso a leggerla o a buttarla via.
Avevo preferito iscrivermi in un’altra palestra, dove non mi conosceva nessuno.

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