4.9.09

La stagista_1

La prima volta che l’ho vista era seduta a una scrivania abbandonata, tra scatoloni di libri per il macero e un paio di armadi vuoti. Quella era la scrivania dell’editor di Studia & Labora – il marchio del Gruppo Giacobino Editore specializzato in libri per scuole professionali, istituti tecnici e simili – editor che è stato trasferito da tempo in un ufficio completamente nuovo.
Siccome qui, nella sede della Giacobino – un intarsio di cristalli e cemento disegnato con la mano sinistra dal famoso Morgan Braganza negli anni settanta, mentre lavorava alla monumentale, e infatti mai realizzata, università di Oaxaca (Messico) – siccome qui, dicevo, gli spazi non mancano di certo, si è pensato bene di ridistribuirli almeno una volta all’anno. Così le varie redazioni del gruppo cambiano continuamente disposizione, migrano da un piano all’altro, da un lato del palazzo a quello opposto, si allargano, si restringono o spariscono, a seconda delle esigenze del momento, anche solo per lasciare il posto al nuovo ufficio di qualche dirigente dalle funzioni misteriose, che non parla con nessuno ma tiene tutti sottocchio. E i dipendenti si sono abituati a vivere in uno stato di trasloco perenne, con le loro quattro cose sempre pronte, in attesa delle improvvise decisioni che piovono dall’alto.
Ma torniamo a lei. Quando l’ho vista, un lunedì di gennaio, ho pensato che fosse una correttrice di bozze venuta a fare qualche lavoro urgente dell’ultimo minuto, come capita spesso quando i tempi per finire i libri stringono. Il giorno dopo era ancora lì, allo stesso posto, curva sulle carte. Evidentemente era una correzione che richiedeva tempo. Il mercoledì non sono andato in redazione, ma il giorno seguente la scena che si presentava era la stessa, cambiava solo il golfino della ragazza, che dal nero slavato era passato a un giallo sporco, quasi marrone. E lei, se possibile, sembrava ancora più impegnata nel suo lavoro, più curva, accartocciata su se stessa come un pezzo di scotch.
A farle compagnia c’era solo una pianta di ficus morta da un decennio.
Solo allora, per la prima volta, ho iniziato a domandarmi chi diavolo fosse.

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